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Franco Asco - Atschko (1903 - 1970)

Scritti dell'Artista

Data ultimo aggiornamento Dicembre 2021

Lettera a Edgardo Sambo (per gentile concessione del Museo Revoltella)


INTERVISTA ne il DIARIO DE S.PAULO (Brasile) - Otobre 1947

 

traduzione:

DIARIO DE S. PAULO — Venerdì 10 - 10 - 1947

Artisti italiani preoccupati per l'attuale situazione politica in Italia

“NON C'È TRANQUILLITÀ NELLA PENISOLA PER IL LAVORO DEGLI ARTISTI” — VISITA AL “MUSEO D'ARTE”

Lo scultore Franco Asco Atschko è a San Paolo, in viaggio dall'Italia per realizzare una mostra delle sue opere in questa capitale. Cercato dal reporter di DIÁRIO DE S. PAULO, mr. Franco Asco Atschko ci ha raccontato la situazione dell'arte e degli artisti di fronte al momento politico che sta attraversando la penisola mediterranea.

ITALIA, VULCANO DELLE PASSIONI POLITICHE

— "Di giorno in giorno, il numero di mostre d'arte in Italia sta diminuendo - ha detto l'intervistato. - La tumultuosa situazione politica nella penisola sta preoccupando notevolmente il mondo degli artisti, che non trovano tranquillità per il loro lavoro. in mezzo a un vulcano di politica passioni: comunisti, socialisti e conservatori lottano per il potere, quindi il governo non ha tempo per pensare all'arte.

Non ho mai voluto sentire parlare di politica. Artisticamente, non sono mai andato nei centri d'arte. Ho sempre lavorato da solo. Ho vinto diversi concorsi, prima della guerra, per la costruzione di monumenti pubblici. Non sono stato favorito, tuttavia, a causa del mio atteggiamento al di fuori del movimento politico.

Il mio desiderio è quello di tenere una mostra di scultura a San Paolo, ma la mia più grande preoccupazione ora è trovare uno studio in cui lavorare".

AFFASCINATO DAL "MUSEO D'ARTE"

Riferendosi al “Museo d'Arte”, a San Paolo, che ha visitato pochi giorni fa, lo scultore Franco Asco Atschko ha dichiarato:

"Non mi aspettavo di trovare un Museo d'Arte così interessante a San Paolo", ci ha detto lo scultore. Si tratta di una magnifica iniziativa che colloca questa città tra i grandi centri d'arte del continente. La cultura artistica è il fondamento della civiltà di un popolo. È con soddisfazione, quindi, che prendo atto dell'esistenza del Museo d'Arte, sapientemente diretto da Pietro Maria Bardi”.

INIZIA I SUOI STUDI A VIENNA

Il giorno in cui lasciò Milano, il critico del "Corriere di Milano" scrisse: "Franco Asco Atschko è sempre stato solo ed è sempre stato fedele a se stesso. Questa fedeltà ha contribuito, straordinariamente, all'originalità dell'arte".

Franco Asco Atschko è nato a Trleste. Ha 44 anni. È sposato e sua moglie è una cantante lirica. E' rimasta a Milano e forse in seguito verrà a San Paolo - Atschko iniziò i suoi studi artistici presso l'Accademia di Belle Arti di Vienna, durante la prima guerra mondiale; terminò poi il suo corso all'Accademia di Venezia. A 12 anni era già scultore. A questa età non era possibile l'ammissione degli studenti all'Accademia di Vienna, ma a causa dell'eccellenza del suo lavoro gli fu comunque permesso di entrare all'Accademia con sei anni di anticipo. L'unico rapporto della famiglia di Atschko con la scultura è che suo padre, un industriale, è nato a Carrara, la famosa città del marmo. La prima mostra dell'allora giovane artista si tenne con grande esultanza a Venezia, nel 1922. Oggi le sue opere sono presenti nelle Gallerie d'Arte Moderna di Venezia e di Milano, al Museo Revoltella. di Trieste, e alla Pinacoteca Ambrosiana, a Milano.Tra le opere che ha portato in Brasile spiccano: “La Verglne folle”, “San Francesco”, “Don Chisciotte”, “Rltrato della madre”, “Maternità ” e “Sonata Kreuzer” oltre a numerosi busti di giovani donne italiane, tutti in marmo e bronzo

 


 

PSICANALISI PLASTICA

"Se avessi avuto attitudine a scrivere, a tramutare in parole sulla carta la dialettica della mia mente, in luogo delle ventisette sculture che Cairola mi espone alla Galleria de "L'Illustrazione Italiana", certamente delle pagine stampate avrebbero recato la mia firma: un romanzo, una lirica o un saggio, la storia autobiografica, comunque, di una lunga crisi del mio spirito.

Questa crisi è compresa e limitata fra i due autoritratti che presento: il primo che costituisce il prologo del mio racconto, il secondo che ne è la conclusione. Tutte le opere che stanno fra l'uno e l'altro potrei definirle, complessivamente, col nome di "psicanalisi plastica". Con esse cioè ho voluto di volta in volta dare evidenza figurativa ai problemi, ai dubbi, alle ipotesi che hanno scosso per mesi il mio credo nell'arte.

Il primo autoritratto, "Risveglio", è la rappresentazione della perplessità e del dolore da cui rimasi turbato quando, dopo sedici anni di assenza, ritornai al mondo dell'arte. O, per meglio dire, alle sue lotte interne, ai suoi idoli, alle sue mode, dalle quali cose soprattutto mi ero tenuto cosi' a lungo lontano.

Disgraziatamente, sono stato un "fanciullo prodigio". Già a dodici anni, a Trieste, raccoglievo i primi successi e in seguito, per moltissimo tempo, partecipai con entusiasmo alla vita collettiva delle "Repubblica delle Arti": alle Esposizioni, ai Premi, alle Biennali di Venezia. Ma io non sono nato lottatore e non saprei nemmeno fingermi tale. Perciò, non appena mi accorsi che anche in questa "Repubblica" e forse piú che altrove, erano indispensabili i colpi di gomito, gli imbonimenti e le vie traverse, lasciai il campo senza esitazioni. La scultura, pensai, anche al di fuori dell'arte con l'A maiuscola, mi avrebbe dato da vivere e il mio "splendido isolamento" (che in questa Mostra documento con "Giovanna d'Arco", "Mia Madre" e col frammento della testa di "Cristo"), mi avrebbe compensato di ogni delusione sofferta, di ogni disgusto passato.

La mia ribellione alla volontaria rinuncia risale soltanto allo scorso anno. Un giorno, uscendo dal lungo intorpidimento, volsi di nuovo l'attenzione alla Grande Arte. E il panorama che apparve li lasciò stupefatto. Come ho detto, le ventisette opere (sul complesso che espongo) rappresentano la mia perplessità, i miei malfermi pensieri di fronte a quello spettacolo caotico, a quel generale disorientamento. Con queste ventisette sculture non ho certo voluto, nemmeno nelle intenzioni, muovere il processo alle tendenze moderne. Esse costituiscono soltanto i miei diversi, graduali approdi a tutti gli "ismi" del momento.

In sei mesi (i bronzi di questa Mostra sono stati tutti eseguiti fra il Giugno e i Dicembre del '49), mi sono improvvisato poliglotta dei numerosi linguaggi plastici moderni. Fatta eccezione per la malafede e la faciloneria, non presumo di condannare individui o maniere, né intendo fare la caricatura di certe espressioni artistiche altrui. E chiedo scusa a quegli autori che ravviseranno nelle mie interpretazioni un'affinità tecnica o concettuale con le loro. Se nell'avvicinarmi ad essi mi sono lasciato prendere talvolta la mano, è stato unicamente per rendere visibile ciò che mi avevano comunicato di calore e di entusiasmo.

In quanto alla conclusione della mia crisi, è raffigurata nel secondo autoritratto. In esso mi sono immaginato in ascolto, ancora dubbioso e lontano dalle lotte, ma in attenta aspettativa: dopo il tormentoso pellegrinaggio alla ricerca della verità, dopo aver crocifisso me stesso nel dubbio, mi abbandono alla speranza che una vice di salvezza Ci raggiunga".

FRANCO ASCO - Milano, Maggio 1950


Galleria Cairola - Terza personale di Franco Asco dedicata alla Maternità

Credo che questa mia terza esposizione possa finalmente segnare una data nella mia vita d'artista. Una vita durissima che conduco da vent'anni, moltissimi dei quali trascorsi in completa solitudine. Nei momenti di ansia, di incertezza e di disorientamento ho sempre teso il mio spirito al "Supremo Creatore" e in virtù di questa fede dalla quale sono stato sorretto, ho considerato sempre l'arte come un'autentica missione e la scultura come una devota preghiera espressa con le forme.

Nel ginepraio contemporaneo non si prega piú. Il disorientamento e l'anarchismo estetico hanno tradito l'uomo che bisogna urgentemente soccorrere e salvare. Io mi considero fra quegli artisti che lottano e soffrono per il bene comune e che con il loro amore, la loro fede, la loro preghiera, la loro educazione riusciranno a soccorrere e a salvare questo uomo, che ha bisogno dell'arte come della luce.

Le teorie e gli apriorismi programmatici non contano e i suggestivi termini di "dinamismo plastico", di "semplificazione di piani", di "spazialismo", di "tridimensionalità" servono soltanto ai facili giochi di parole.

Se è vero che non bisognerà rifarsi ad un'arte primitiva o arcaica o a un ritorno all'antico, perché non si può vivere consumando un patrimonio ereditato, è pur vero che l'arte non potrà mai rompere i ponti col passato e non potrà mai annullare l'uomo come certi modernisti vogliono fare.

Le opere che presento oggi sono tutte dedicate alla Maternità, alla esaltazione di questo sublime mistero. Ho la coscienza di essere riuscito a documentare, servendomi di purificazioni stilistiche aderenti a un linguaggio naturale, la fonte eterna del nostro amore e della nostra poesia e attendo fiducioso il giudizio della critica e del pubblico per i quali io lavoro.

FRANCO ASCO - Milano, novembre 1951

 

 

 

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